venerdì 1 giugno 2012

PILLOLE DELL'ALTRA SESTO

ilgiorno.net

Sesto, operai in subbuglio sperano nel nuovo sindaco

In 150 da via Trento al municipio 

Per urlare la loro rabbia, hanno scelto di sfilare in silenzio. La loro richiesta: sedersi attorno a un tavolo per capire finalmente perchè ancora non ricevono i soldi del loro stipendio
di Patrizia Longo
Gli operai in protesta (Spf)
Gli operai in protesta (Spf)Sesto San Giovanni, 29 maggio 2012 - Per urlare la loro rabbia, hanno scelto di sfilare in silenzio. Un lungo corteo, dal cantiere di via Trento fino in piazza della Resistenza. Centocinquanta operai, forse anche qualcuno in più. Un’unica richiesta: sedersi attorno a un tavolo per capire finalmente perché, dopo tre settimane di presidio e una denuncia sulla propria pelle per occupazione abusiva, a rischio sgombero, ancora non ricevono i soldi dovuti; se c’è qualcuno che fa il furbo sulla loro pelle, con chi devono prendersela. Perché in gioco ci sono i loro stipendi, il loro futuro. E la loro vita: «Non voglio arrivare a spararmi un colpo in testa, solo perché non ce la faccio più» ha detto in un soffio Chelban Relu.
Lui, titolare dell’ominima ditta che dà lavoro a una trentina di manovali, di quattrini ne aspetta tanti: 46mila euro. Salvatore Donsì, della Fly costruzioni, quasi tre volte tanto: oltre 120mila euro. Hanno presentato il conto alla Q5, la ditta che ha in appalto i lavori di uno dei cinque palazzi in costruzione sull’ex Deca, per conto di Agamennon (Gruppo Caltagirone). Loro sono solo subappaltatori. «A questo punto, non so più nemmeno io con chi me la devo prendere — sospira Donsì —. La Q5, che qui ha solo un geometra e il titolare manco s’è visto, ci dice che non ne ha perché quelli non l’hanno pagata. Ho chiesto ad Agamennon, loro dicono di essere in regola. E noi siamo in mezzo». Fino alla scorsa settimana, Donsì è riuscito a pagare tutti gli stipendi, facendo fondo alle sue riserve personali. Relu, invece, non ce la fa: «A qualcuno ho dato cento, duecento euro alla settimana, almeno per mangiare — racconta —. A qualcun altro, mille euro perché ha l’affitto da pagare. Chi ha preso meno ora si lamenta. Qualcuno mi minaccia pure, non capisce. Ho due figli anche io, in Romania non sono riuscito a costruirmi nemmeno un muro: tutto quello che ho guadagnato, l’ho investito qui. Non ci pagano, la banca mi ha ritirato il fido, ma sono comunque costretto a versare contributi e tasse, senza sgarrare nemmeno di un giorno». Tutto questo Relu e Donsì lo hanno raccontato anche al neo sindaco Monica Chittò, al termine della manifestazione. Il primo cittadino ieri pomeriggio ha fatto un sopralluogo in cantiere e ha annunciato l’impegno a riconvocare le parti in causa. «Noi vogliamo solo lavorare ed essere pagati per quello che facciamo» hanno detto i lavoratori.
Che, da questa mattina, saranno ancora in presidio davanti ai cancelli di via Trento, ma sul marciapiede opposto: «Pure lo sgombero, sarebbe davvero una beffa». D’altra parte, il rischio è che possa scoppiare una guerra tra poveri. Ieri mattina, infatti, una ventina di operai di altre ditte, impegnati su un altro palazzo, avrebbero voluto riprendere il loro posto in cantiere. Niente lavoro, niente paga: un lusso che nessuno può permettersi. «Speriamo che si risolva tutto — dice Donsì —. La mia paura? Che anche loro, tra due settimane, saranno qui come noi a protestare».

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